Oggi vi spiego perché mi sia piaciuta la serie TV Il Miracolo nonostante la mia scarsa simpatia per Ammaniti e le madonne piangenti sangue
3 motivi per cui pensavo che Il Miracolo, la nuova serie Sky ideata dallo scrittore Niccolò Ammaniti, non mi avrebbe fatto gridare al miracolo:
1) A me lo stile di Ammaniti proprio non piace, di solito. Ho letto Ti prendo e ti porto via, Come Dio comanda e Io e te, dunque posso dire con cognizione di causa che salvo solo l’ultimo perché mi è sembrato il meno forzato e artefatto. Ma in giro ho iniziato a leggere pareri sempre più positivi su Il Miracolo, perciò spinta dalla curiosità mi sono buttata. Anche se il pensiero di una serie scritta da Ammaniti, incentrata per di più su una statua della Madonna che lacrima sangue, mi faceva alzare gli occhi al cielo ancor prima di iniziarla…
2)… e mi faceva anche un po’ paura. Avevo letto infatti che Il Miracolo era ascrivibile al genere horror (e te credo, c’è una Madonna che piange litri di sangue), e io già sono una pavida, in più avevo in mente questo racconto di mio padre: quando era piccolo, nel suo paese si era sparsa la convinzione che una statua della Madonna muovesse gli occhi e LUI NE ERA TERRORIZZATO E HA TERRORIZZATO ANCHE ME DA PICCOLA CON QUESTA STORIA.
3) Infine, ultimamente le serie TV non mi entusiasmano, perché con loro mi sta capitando quello che mi capita quando entravo da Zara a Via del Corso: 4 piani di roba sono troppi, mi confondono e mi fanno allontanare in preda alla frustrazione. Senza contare che l’offerta eccessiva serve un po’ a nascondere i difetti dei singoli capi – in questo caso, vestiti tagliati male e serie prevedibilissime -.
3 motivi che invece mi hanno fatto ricredere su Il Miracolo facendomelo financo apprezzare:
1) Nella serie si ritrova il gusto grottesco e artificioso di Ammaniti, tuttavia risulta “addomesticato”. Sì, nonostante la presenza della Madonna sanguinante: infatti il mistero della statuetta è intrigante ma non preponderante (quindi, pavidi come me all’ascolto: SI – PUÒ – FARE, anzi, VEDERE), dato che in fondo si tratta di un pretesto per analizzare le persone e le loro reazioni a questa scoperta.
2) Anche i personaggi che non vengono messi a parte del segreto (perché la statua è in mano all’esercito, che inizialmente ne riferisce l’esistenza solo al premier Fabrizio Pietromarchi) ne subiscono comunque le conseguenze, spesso in maniera imprevedibile. Ed è qui la chiave: insieme alla recente serie Killing Eve, Il Miracolo per me è stata una piacevole sorpresa, nel vero senso della parola. Una volta tanto non sapevo bene cosa aspettarmi, sia dai dialoghi che dalle azioni.
3) Complice di quest’imprevedibilità è in particolare il personaggio di Sole Pietromarchi (Elena Lietti), a cui va la mia personale menzione d’onore: Sole tvb. All’inizio sembra solo l’algida moglie di un primo ministro sotto pressione (oltre al mistero della statua Pietromarchi deve affrontare anche un referendum sull’uscita dell’Italia dalla UE), e insomma, se fosse rimasta così… che noia, non ci serviva mica un’altra Claire Underwood. Ma basta poco per ricredersi, perché Sole è tutt’altro che fredda: ex pilota di rally, è piena di verve, dice e fa tutto il contrario di quello che non solo ci si aspetta da una first lady, ma in generale da chiunque. È pazza col botto, l’ho adorata. E poi il suo discorso nella sesta puntata su come l’istinto materno non sia innato ma sia una costruzione sociale è da applausi.
In conclusione c’è da dire che alcune scene e alcuni dialoghi ne Il Miracolo erano un tantinello enfatici e talvolta si aveva l’impressione che i personaggi, più che seguire un arco evolutivo, sbattessero contro il vetro come una mosca intrappolata in un barattolo. Tuttavia il finale, pur lasciandoci con parecchie domande (troppe domande, accidenti ad Ammaniti), è al tempo stesso portatore di implicazioni narrative affascinanti; in tal modo non solo non delude lo spettatore, ma riesce anche a rimanere aperto in vista di una possibile seconda stagione. Insomma Ammaniti e gli altri sceneggiatori hanno preso – come si suol dire in gergo tecnico cinematografico – due piccioni con una fava. Abbravi.