Oggi facciamo due delle mie cose preferite, parlare di libri e stilare classifiche: ecco quindi i libri del 2022 che ho più amato
È giunto quel momento in cui si tirano le somme: la fine dell’anno. Che orrore, vero? Infatti io tiro le somme solo sui libri che ho letto, riflettendo con attenzione su quelli che ho apprezzato o detestato (così mi distraggo dal pensare a tutti i risultati che non ho raggiunto, ai buoni propositi mancati, ai rimpianti, al tempo che passa, e va bene la smetto). Da questa analisi estremamente ponderata nasce la mia classifica sui migliori libri del 2022. Piccolo disclaimer: non sono per forza libri usciti quest’anno!
Steve Jobs non abita più qui
Se come me amate i reportage ammmeriggani di Francesco Costa ma siete in cerca di uno stile più “pop”, scanzonato, meno lineare e saggistico, potete orientarvi sulla raccolta di impressioni californiane di Michele Masneri. Con Steve Jobs non abita più qui, descrive, con pennellate discontinue e un tono apparentemente distaccato, perché la California di O.C. non esiste più e perché ce ne siamo disamorati.
Notte americana
Lo dico? Lo dico: Notte americana di Marisha Pessl è uno dei libri più belli che abbia mai letto. E lo è nonostante parta da un cliché piuttosto abusato: un giornalista ha perso tutto dopo aver accusato un uomo potente di crimini efferati (in questo caso Stanislas Cordova, un regista ispirato secondo me a Dario Argento e Stanley Kubrick). Forse però c’è una seconda occasione per portare alla luce tutta l’oscurità di quest’uomo ineffabile…
Marisha Pessl, l’autrice, dimostra di sapere egregiamente il fatto suo per quanto riguarda i classici meccanismi della costruzione di una storia: sì, la trama sembra partire da terreni noti, ma più procede più ti avvolge in una spirale inquietante e magnetica, soprattutto quando Pessl descrive – nei minimi dettagli, dimostrando di avere grande conoscenza della materia cinematografica – i film immaginari girati da Cordova. Non riuscivo davvero a mettere giù questo romanzo, e ancora adesso, a distanza di più di un anno dalla lettura, ricordo vividamente il mondo costruito dall’autrice. In sintesi, un thriller magnifico consigliato particolarmente ai cinefili.
Un lavoro perfetto
Di libri con atmosfere giapponesi non riesco a leggerne tantissimi, mi sembra che abbiano spesso uno stile troppo piatto che non riesce a coinvolgermi. Un lavoro perfetto di Tsumura Kikuko si allontana un po’ da questa linea e si dirige con decisione verso il realismo magico alla Kafka sulla spiaggia di Murakami, ma in maniera decisamente meno angosciante. D’altronde di angosciante c’è già la concezione giapponese del lavoro, dato che la protagonista ha mollato il suo impiego sicuro a causa di un burnout.
Il libro mi è piaciuto particolarmente perché descrive vari lavori bizzarri ma che potrebbero davvero esistere nella realtà, come la stesura di consigli per una rubrica presente sulla confezione di una nota marca di cracker giapponesi: e io ho sempre desiderato fare un lavoro così! Mi sembra eccentrico quanto basta da renderti interessante, ma allo stesso tempo rassicurante e svuotapensieri.
Ciclo delle Fondazioni
Il mio prossimo ospite non ha bisogno di presentazioni (cit. David Letterman): il Ciclo delle Fondazioni di Isaac Asimov, solo la trilogia più importante nel panorama della letteratura fantascientifica. Che dire più di quanto è stato detto negli anni al riguardo? Solo che è meglio leggere la trilogia originale degli anni ’50 ed evitare tutti i sequel e prequel arrivati dopo su spinta dell’editore.
E poi che vorrei solo leggere libri così, in cui viene inventato un intero mondo credibile e immersivo, in cui tuffarsi per scordarsi tutti i problemi della vita quotidiana, che qui purtroppo non abbiamo nessuna psicostoria che ci aiuti a prevedere i casini futuri, nessun Hari Seldon che la pratichi e nessuna Arcadia Darrell in gambissima (un’eroina attiva! Negli anni ’50! In un libro fantascientifico!). E niente, mi sono dilungata comunque.
Realismo capitalista
C’era un tempo, lo ammetto, in cui dicevo che al capitalismo non c’era soluzione e quindi bisognava cercare quantomeno un modo per migliorarlo dall’interno. Poi ho iniziato a seguire Alessandro Sahebi su Instagram e ho letto Realismo capitalista di Mark Fisher. In pratica Fisher, sebbene non dia una soluzione al problema del capitalismo, ci invita a non arrenderci. Anche solo riconoscere che esista, insieme alle sue conseguenze, ci permette di non abbassare la guardia e di provare a cercare un modo alternativo di vivere.
Verso Betlemme
Per caso, dopo aver letto Steve Jobs non abita più qui mi sono imbattuta anche in un’altra raccolta di saggi sull’America, stavolta a opera della famosa giornalista e scrittrice Joan Didion. Sebbene sia stata pubblicata nel 1968 e quindi preceda di molto il libro di Masneri, Didion aveva già colto quello spirito che andava corrodendo il sogno americano e in particolare quello californiano. Sotto il Flower Power, sotto il sole cocente di L.A., sotto le spiagge da cartolina, c’erano ragazzi smarriti, c’erano gli incendi, c’era il deserto impietoso: Didion cattura tutto questo e molto di più, smonta pezzo per pezzo la sua America e a volte anche i suoi pensieri interiori con grazia, acume, disincanto e precisione.
Tutto quello che so sull’amore
Tutto quello che so sull’amore di Dolly Alderton si infila in quel filone inaugurato da Fleabag sulle ragazze casiniste e incasinate che cercano con forza un proprio posto in un mondo altrettanto incasinato. Il libro di Alderton si distingue in particolar modo perché autobiografico: forse è per questo che mi è arrivato parecchio, perché è impossibile resistere alle avventure divertentissime della Dolly più giovane e non rispecchiarsi nella lotta per diventare una persona risolta da parte della Dolly più matura. Ma soprattutto, è un libro luminoso sul potere dell’amicizia e sui legami indissolubili che sa creare. Alla fine mi ero fatta diversi piantini!