Marche: cosa vedere in 7 giorni e soprattutto cosa mangiare durante il viaggio!
Quando dicevo che sarei andata nelle Marche le reazioni erano sempre queste: “Ma che ci vai a fare?” “Ci vai perché hai dei parenti?”.
L’idea che si possa andare nelle Marche spontaneamente e non sotto coercizione risulta quasi incomprensibile, e questo mi dispiace molto. Sì, è vero, non è una meta gettonata, e nemmeno io prima di questo viaggio l’avevo considerata poi molto, ma andandoci ho scoperto delle spiagge bellissime, dei borghi incantevoli, cultura, grande ospitalità e soprattutto CIBO BUONO. TANTO CIBO BUONO. TANTO TARTUFO. Nel resto del post vi dico pure dove mangiarlo, non temete.
Modalità di viaggio: mi sono bastati due viaggi in macchina per farmi affermare che è la modalità di vacanza che preferisco. Abbassi il finestrino per gustarti la brezza, l’aria di libertà, il mio fidanzato che impreca perché devo fermarmi continuamente a fare pipì e perché non voglio mai ascoltare le canzoni che piacciono a lui. Ah, che poesia. A parte gli scherzi, viaggiare in macchina ti permette davvero di spostarti con più libertà facendo tappe improvvisate.
Tuttavia ritengo necessario avere almeno un canovaccio di base pre-partenza, da cui poi scegliere due o tre alloggi in punti strategici (tip se andate in macchina: nelle Marche alcuni parcheggi richiedevano l’uso del disco orario, quindi in caso premunitevi). Noi abbiamo deciso di dedicare 7 giorni alla costa adriatica perché vi erano concentrati tutti i posti che più ci interessavano, da lì abbiamo optato per un alloggio nella parte alta (Pesaro), uno nella parte di mezzo (Recanati) e uno in basso (Macerata). Ma bando alle ciance e scopriamo insieme cosa vedere in 7 giorni nelle Marche.
Marche, cosa vedere in 7 giorni: primo giorno
Da Ostia a Pesaro ci vogliono circa 4 ore, ma noi ci abbiamo messo di più perché ci siamo fermati a Todi per il pranzo (ci saremmo voluti fermare anche a Gubbio, ma quando abbiamo scoperto che non ci girano più Don Matteo l’idea ha perso tutto il suo fascino). Ero già stata a Todi quand’ero piccola, ma non mi ricordavo nulla se non di aver preso una cioccolata calda buonissima – figurati se non mi ricordavo qualcosa a tema dolciario -.
Ritornandoci ho scoperto che è anche molto graziosa e piena di osterie interessanti (toccherà tornarci ancora!). Noi però ci siamo “accontentati” di andare a Le roi de la Crêpe, una piccola creperie che fa anche panini con prodotti tipici del luogo. Ottimo cibo, costo basso, proprietario simpatico.
Finalmente siamo arrivati a Pesaro, dove abbiamo alloggiato all’Hotel Miramare, albergo onestissimo a conduzione famigliare. Non aspettatevi il Ritz, ma per 2/3 notti è perfetto, soprattutto se durante il giorno girate parecchio come noi. Ha il parcheggio interno, le colazioni sono abbondanti e con molta scelta, il mare è a un tiro di schioppo, e infine i proprietari sono gentilissimi: per esempio abbiamo avuto un problema col telefono e ce l’hanno fatto resettare al loro computer.
Per quanto riguarda Pesaro, sappiate che è il regno delle bici (nel 2017 è stata eletta la città più bici-friendly d’Italia insieme a Bolzano) e delle villette colorate (del resto sul lungomare c’è il Villino Ruggeri, fulgido esempio di stile liberty). Infatti a ogni passeggiata o giro in macchina non ci si poteva sottrarre al mio cicaleccio incessante di “Voglio vivere qui! Anzi no qui! Oddio una casa rosa!”. Insopportabile, me lo dico da sola.
Anche se a parte questo e Piazza del Popolo non c’è molto altro da vedere, Pesaro rimane una meta che raccomando caldamente, è davvero carina. Ah, se credete che mi sia dimenticata di consigliarvi il monumento di Arnaldo Pomodoro sul lungomare vi sbagliate di grosso. Odio Arnaldo Pomodoro.
Secondo giorno: Gradara e San Marino
La mattina abbiamo visitato Gradara, eletto il Borgo più bello d’Italia del 2018 dalla trasmissione Kilimangiaro. Giusto per la trasmissione, eh. No scherzo, era carino ma insomma ho visto borghi più accattivanti, che vi devo dire. Info di servizio: per visitare il castello, dove hanno vissuto Paolo e Francesca nonché Lucrezia Borgia, chiedono 8 euro. Si paga anche il parcheggio sottostante il borgo, il quale si raggiunge a piedi con una breve camminata.
Per pranzo siamo stati al Matterello, una piadineria strepitosa appena fuori San Marino, a cui abbiamo dedicato il pomeriggio. Anche qui si parcheggia fuori dalla città – ops nazione – che poi si raggiunge con degli ascensori o la funivia. Cose che sapevo su San Marino: questi simpaticoni non votano mai per noi all’Eurovision. Cose che ho imparato su San Marino: è piena di armerie e profumerie, è tutta in salita, ci sono molti musei tra cui uno sui vampiri (i famigerati vampiri di San Marino).
La sera abbiamo cenato a Gabicce al Bel Sit, dove il mio ragazzo ha pensato bene di provare un piatto che considero piuttosto bizzarro per non dire di peggio, non me ne vogliano i pesaresi che l’hanno inventato: si tratta della pizza Rossini, la quale è composta da uova e maionese che lui ha messo con tanto amore, componendo un cerchio di ciuffettini neanche fosse panna nella sac a poche. Anche qui, se vi aspettate che ve la consigli, vi sbagliate di grosso (a lui però è piaciuta).
Terzo giorno: Urbino e Senigallia
Abbiamo dedicato gran parte della giornata a Urbino, una delle tappe che ho preferito. Urbino è incantevole, piena di scorci da cui ammirare una distesa di tetti rossi che mi ha ricordato certe vedute praghesi.
Ma ora passiamo al sodo, anzi al tartufo: se andate a Urbino non potete perdervi Tartufi Antiche Bontà, un negozio ma anche un’enoteca, una gastronomia, un locus amoenus, un paradiso. La proprietaria, solerte e disponibile, ci ha consigliato un vino rosso del Conero che ho preso nonostante il caldo e il fatto che bere a pranzo mi fa venire un gran sonno.
Per fortuna mi sono risvegliata, fisicamente e spiritualmente, grazie al menù degustazione: crostini affogati in una crema tartufata, un tagliere di salumi e formaggi semplicemente sublimi che si scioglievano sulla crescia calda (la focaccia marchigiana) insieme a intingoli come aceto balsamico o miele al tartufo… e per finire vino di visciole con cantucci da inzuppare. Il conto finale, poi, è stato una bella sorpresa – in positivo! -.
Satolli, brilli e appagati abbiamo visitato il Palazzo Ducale, in parte per cultura, in parte per stare al fresco (che nessuno possa dire che questo non è un blog onesto). Il costo del biglietto è 5 euro, e la visita li vale tutti: per la bellezza della struttura, per la quantità di opere esposte, per la torre e il panorama che si gode dall’alto. Per i souvenir vi consiglio invece di sbirciare da Montefeltro libri, un negozio ricco di oggettistica ed edizioni particolari.
Tornando abbiamo fatto un salto alle Marmitte dei Giganti a Fossombrone, che mi hanno ricordato le Gole del Verdon in Francia, facendomi sentenziare che le Marche sono un po’ la Provenza italiana.
La sera siamo stati a Senigallia per il Summer Jamboree, manifestazione incentrata sulla cultura e la musica americana anni ’40-’50. Nei 12 giorni di durata del festival troverete numerosi concerti e coppie vestite a tema che volteggiano a ritmo di swing.
Se ci andate ma non avete qualcosa di adatto niente paura, perché ci sono sempre gli stand dove acquistare abiti dalle gonne ampie, Levi’s vintage e bandane di tutte le fogge (ci sono anche stand mangerecci). L’importante è muoversi per tempo in modo da trovare parcheggio non lontano dal centro pedonalizzato per l’occasione.
La prima parte del tour marchigiano finisce qui, mentre qui trovate il secondo post sulla zona del Conero, Recanati, Macerata e dintorni!